È arrivato il momento della personalizzazione!
- Menetto Federico
- 22 apr
- Tempo di lettura: 2 min

È arrivato il momento della personalizzazione #TailoredFunctionalBlends
Personalizzare la funzionalità di un ingrediente alimentare non è solo una questione di marketing, ma di vera e propria ingegneria applicata alla materia prima.
Parlare di custom functional blends significa entrare in una dimensione dove tecnologia, scienza dei materiali e sensibilità produttiva si incontrano. Non si tratta più di scegliere un addensante o una proteina generica, ma di disegnare soluzioni su misura che risolvano problemi specifici lungo la filiera di produzione alimentare.
Cosa vuol dire, concretamente, personalizzare?
Significa bilanciare idrocolloidi, proteine funzionali, fibre e amidi in proporzioni precise per ottenere la texture desiderata, la giusta viscosità o la stabilità necessaria durante shelf life e trasporti. Significa adattare la soluzione non solo alla ricetta, ma anche agli impianti produttivi e ai parametri di lavorazione.
Pensiamo al hashtag#plantbased: replicare la succosità di un burger o la scioglievolezza di un formaggio vegetale è una sfida enorme. Non basta “mettere insieme” ingredienti, serve progettare ogni fase — dalla selezione delle fonti proteiche, alla gestione dei grassi, fino alla reazione in cottura.
Le tecnologie in campo oggi sono molteplici:
• Sistemi di miscelazione avanzata
• Analisi predittiva del comportamento reologico
• Utilizzo di proteine alternative funzionalizzate
• Tecniche di micro e nano-incapsulazione per rilasciare aromi o proteggere nutrienti
• Algoritmi e intelligenza artificiale per simulare l’effetto sensoriale di un blend prima ancora di produrlo
Non è un lavoro per pochi e non è più un tema da lasciare solo nelle mani dei big supplier.
Le startup stanno rivoluzionando questo campo: Shiru usa AI e fermentazione di precisione per creare proteine funzionali “su richiesta”, Motif FoodWorks lavora sulle molecole che ricreano la masticabilità della carne, PLANETARIANS trasforma gli scarti agricoli in proteine funzionali ad alto valore aggiunto.
La direzione è chiara: meno standardizzazione, più soluzioni tailor-made capaci di risolvere problemi tecnici, nutrizionali e sensoriali.
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NELLA FOTO: una provocazione gentile, una risata fatta piatto di Alberto Gipponi
Semplice solo all’apparenza, questa creazione gioca con l’immaginario di tutti: pasta e polpette. Ma qui le regole si ribaltano.
La pasta UNO.61 diventa protagonista per consistenza, mentre la polpetta sorprende con la sua morbidezza quasi infantile. Il sapore è pieno, goloso, ma il gioco è tutto nella percezione: quello che ti aspetti è esattamente il contrario di ciò che accade al morso.
Gipponi non cucina, disegna pensieri. Ironico, colto e leggero.
Questa è la sua forza: prendere il comfort food più rassicurante e trasformarlo in un’esperienza sensoriale che ti fa sorridere e pensare.
Dina è questo. Un luogo dove la tecnica è al servizio dell’idea. E l’idea è sempre potente.
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